mercoledì 18 febbraio 2009

byte e sogni

Probabilmente fin dalla tenera età, quando ancora il mondo del software libero (e dell'informatica in generale!) era agli albori, devo sempre aver sognato di possedere un pc portatile funzionante con un sistema dai codici sorgenti liberi; un laptop che mi permettesse di svolgere quelle semplici operazioni così importanti nel ventunesimo secolo (navigare su internet tramite wifi, ascoltare musica e vedere film, scrivere testi, manipolare immagini...). Crescendo mi sono accorta che con il suddetto pc avrei volentieri mantenuto la mia privacy (evvai con pgp, gpg, tor, macchanger ed altre letizie), testato la sicurezza delle reti, cercato di imparare come creare siti web, apprezzato effetti 3d e via dicendo.
Data la mia inimicizia verso le regole della proprietà e del capitale, mi sembra scontato che il pc dei miei sogni non giri Windows (R), ma un sistema linux.
Per varie ragioni condivise da ormai fin troppa gente, la scelta è caduta sulla popolarissima distribuzione Ubuntu (utile precisare che ubuntu non è ne' la sola distro user-friendly, ne' la sola distribuzione esistente nel mondo unix-based gnu-linux, sebbene sia sicuramente una delle più diffuse).
Nonostante il riconoscimento hardware assai migliorato rispetto agli inizi, l'intuitività della maggior parte delle personalizzazioni, la messa a disposizione sin dall'installazione di molte delle applicazioni essenziali, perchè possa sentirmi "a casa" quando clicco sulla cartella home, ho bisogno di passare qualche oretta smanettando inutilemente.
Questo tacquino penzolante tra il reale e l'inconsistenza dei bit vuole essere, da un lato, un memorandum che mi serva a ripristinare il sistema che mi accingo a reinstallare e, dall'altro, una raccolta di esperienze a disposizione di chi possiede il mio stesso pc.